(repost) La nuova Stasi

repost da cicloweb. perche’ ne vale la pena.

A leggerle tutte si passa una gioiosa mezz’oretta a cercare di capire perché mai uno sport bello, popolare, rusticano come il ciclismo sia finito a questo punto. E non saranno le risate per certi suggerimenti della WADA (la raccomandazione 10 sulle toilette è irresistibile, ma anche la 32 sulle bevande incustodite è notevole) a sciogliere l’amarezza. Si può solo prendere atto di tutto ciò, alla luce della convinzione che l’antidoping, lungi dallo svolgere un ruolo di servizio, complementare, tende a prendersi la scena, in un contesto ipernormato in cui anche un telo di recinzione diventa oggetto di indicazioni pararegolamentari (vedasi raccomandazione 11).
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[Repost] Maroni e la tessera contro i tifosi. Per bene.

 

[questa della "tessera del tifoso" e’ una tale porcata fascistoide che ha smosso l’intestino pure a gianni mura, che non ha mai mostrato particolare simpatia verso ultras e tifoserie piu’ o meno "calde"…]

Occuparsi di sport, di calcio in particolare, ha i suoi lati positivi. Per esempio, potrei rivolgermi al ministro Maroni a proposito della sua direttiva sulle trasferte dei tifosi ignorando altre e più drammatiche trasferte sul Canale di Sicilia. Potrei ma non posso. Solo due considerazioni. E’ ben strano l´atteggiamento di molti leghisti. Si propongono come i più accaniti difensori dei valori dell´Occidente cristiano e appena qualche vescovo o qualche prete dice qualcosa che non gli torna lo mandano brutalmente a scopare il mare (è un modo dire milanese, va inteso come ramazzare l´oceano e, in greco, farebbe parte degli adùnata). Poi (prima regola: negare comunque, o almeno mettere in dubbio) è piuttosto atroce il loro far di conto. I 5 vivi dicono che erano in 73, morti recuperati 14 (vado a memoria). E fanno 19, dove sono gli altri 54? Come se il mare fosse un bancomat, una cassetta di sicurezza, ancora un po’ e gli si chiede la ricevuta. Ma si sa che i conti devono tornare (a casa loro anche loro, così imparano).

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Newscientist: il tifo non ha effetto sulle vittorie in casa

 

Questo articolo è apparso sul sito di Newscientist. Devo dire che la ricerca (e la sua base scientifica) non mi convince molto, ma è utile per dare argomenti a chi vuole gli stadi sempre più vuoti (tanto è tutto uguale no?) e i palinsesti sempre più pieni. Sarà anche assurdo scientificamente attribuire un ruolo al tifo, ma il calcio alle volte è irrazionale passione. Sennò che gusto c’è?

I tifosi allo stadio non hanno effetto sulle vittorie in casa

Alcuni stadi hanno un effetto maggiore sul determinare le vittorie sportive in casa? Sembra di no, almeno nel calcio.

Molti sostengono che un tifo scatenato o stadi gremiti portano alcune squadre ad avere un vantaggio maggiore quando giocano in casa di altre con supporter meno indemoniat o impianti più piccoli. Andreas Heuer e Oliver Rubner dell’università di Münster in Germania hanno analizzato 12.000 incontri della Bundesliga tra il 1965 e il 2007. La differenza reti è stata usata come valutazione della resa della squadra, al posto delle vittorie dato che è chiaro che la prima dia una misura più precisa del vantaggio, dice Rubner.

Heuer e Rubner hanno confermato il fatto che le square in casa hanno un vantaggio sulle squadre che giocano in trasferta: la squadra di casa infatti segna 0.7 gol in più a partita della squadra ospite. Purtroppo però non hanno trovato una squadra che fosse migliore di altre in casa (www.arxiv.org/0803.0614).

Nonostante alcune squadra appaiano particolarmente forti nel loro stadio, questa supposizione è spesso basata da vittorie conseguite in un numero limitato di partite, scrive Rubner. Ogni  vantaggio del giocare in casa è scomparso nel momento in cui abbiamo esteso l’analisi a un numero infinito di partite. Questo fenomeno è analogo a quello di quando si nota una moneta cadere su una faccia più che su un’altra entro un certo numero di lanci. "Atrribuireste questo fenomeno all’effetto psicologico della persona che lancia la moneta?", si chiede Rubner.

Storie Minori

Anche nel calcio e nelle sue derive sociali, esiste la storia ufficiale, di televisioni e giornali mainstream, e quella minore, spesso meno aulica, ma sempre più schietta e intrigante. Le vicende di Calciopoli e la recente emergenza ultrà, sono due esempi piuttosto lampanti circa il modo di proporre visioni del mondo che passano, infine, come le versioni definitive della nostra storia. Su Calciopoli si è proceduto in modo schiettamente italiano: dapprima titoloni e grida di scandalo, poi, piano piano, tutto rientrato, trafiletti da leggere con la lente di ingrandimento. La magagna è scoppiata, si è dato fiato alle trombe, si è identificato il Grande Male (Moggi) poi è arrivato il momento di voltare pagina e fine. Così gli stessi eventi possono essere letti in più modi, specie ricordando episodi che, pur nella corale denuncia, sono stati sapientemente oscurati. Perché va bene dire che nel calcio c’era un cancro, meno bene è fare il disturbatore anti sistema, continuare a ciurlare nel manico dei mali del calcio, quando c’è un campionato (noioso) da rendere appetibile per pay tv e carrozzone.

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