Il dito medio di Capello…

Parole altrui, ma sacrosante…

Il dito medio di Capello, rivolto non ai "propri" tifosi, ma ai tifosi della squadra che lui allena (e si noti bene la differenza, e' sostanziale), e' il gesto piu' infame di questa nuova stagione pallonara.

Lo commenta Paolo Ziliani, che e' piu' bravo di me. 🙂

 

Il dito alzato di Capello è il segno del suo fallimento

È veramente difficile per un allenatore fare una figura peggiore di quella che sta rimediando Capello al Real Madrid: sia dal punto di vista sportivo, sia dal punto di vista umano. E lo diciamo nonostante i risultati e le classifiche lascino ancora al Real la possibità di giocarsi le proprie carte sia in campionato che in Champions League. Ci sono due istantanee che danno l’idea di cos’è stata, e cos’è, la seconda avventura spagnola dell’ex allenatore della Juventus: 1) Capello a Pantelleria che brinda con Mijatovic all’accordo col club spagnolo (giugno 2006); 2) Capello al Bernabeu che mostra il dito indice ai tifosi che lo contestano al termine di Real-Saragozza 1-0 (gennaio 2007). A corredo, in questo immaginario – ma non tanto – album dei ricordi, altri significativi scatti: Cannavaro che cade a terra scherzato dai centravanti avversari; Cassano che si fa beffe dell’allenatore improvvisandone l’imitazione a bordo campo; Beckham appollaiato in tribuna a seguire, ormai da ex, le partite dei Galacticos; e potremmo andare avanti pagina per pagina.

 

 

 

Sta veramente toccando il fondo, Capello, al Real Madrid: e l’impressione è che raramente abbia dato il peggio di sé – come allenatore e come uomo – come gli sta riuscendo quest’anno. Seguiteci. Quando Fabio, a Pantelleria, con le macerie della Juve ancora fumanti sullo sfondo, sigla l’accordo che lo lega al club madrileno, presenta al presidente Calderon la sua personale lista della spesa: in pratica, la luna nel pozzo, se è vero che l’elenco si apre col nome di Kakà, il miglior giocatore del mondo al pari di Ronaldinho (che per ovvi motivi di concorrenza non è avvicinabile). Calderon non è Gesù Cristo e Kakà non arriva: ma molte delle richieste di Capello vengono esaudite e il Real spende una montagna di milioni per assicurare al suo allenatore Van Nistelrooy (Manchester), Diarra (Lione), Emerson e Cannavaro (Juventus); senza contare il colossale esborso che il club spagnolo affronterà al mercato di riparazione, di lì a poco, per dare a Capello i migliori giovani talenti del Sudamerica: Higuain, Gago, Marcelo. Tra cartellini e ingaggi, una cifra monumentale.

 

Particolare importante: a fronte del gravosissimo impegno economico fatto sostenere al club, Capello – con l’organico rigonfio di “Palloni d’Oro” e di vecchie glorie – si guarda bene dal chiedere al presidente uno sfoltimento della rosa (e quindi dei costi). La stiva della nave madrilena è piena zeppa di campioni, ma a parte Zidane – che spontaneamente, dopo il Mondiale di Germania, si ritira – non ce n’è uno che venga fatto scendere. Addirittura, negli ultimi giorni di mercato il Milan va a Madrid in missione ufficiale per Ronaldo, ma scoraggiato dall’altissima richiesta del Real è costretto a ripiegare sull’acquisto di Oliveira, del Betis.

 

Ebbene, dopo aver fatto svenare il suo presidente, oggi – di colpo – Capello decide che è giunta l’ora dell’epurazione: e dando al tutto la massima pubblicità possibile, in un clima che definire isterico è dire poco, Fabio manda alla gogna i più celebrati campioni – indicandoli come i veri responsabili dei tracolli di fine 2006 -, da Ronaldo a Beckham, da Cassano a Salgado, da Emerson a Roberto Carlos, abbattendo quasi interamente il loro valore di mercato. Senza contare le critiche pubbliche rivolte ad altri campioni (vedi Diarra, vedi Cannavaro), che non vengono emarginati ma sulle spalle dei quali Capello scarica la responsabilità delle sconfitte della squadra, a fronte del super-esborso sostenuto per ingaggiarli.

 

In pratica: in 6 mesi Capello è riuscito nell’impresa di dissanguare, a più riprese e in modi diversi, le casse del club madrileno, ma quel che è peggio, facendo la figura dell’alieno sbarcato da Marte, unico in tutta la galassia a meravigliarsi di trovare un Ronaldo grasso e pigro, un Cassano arlecchino, un Beckham pop star, un Roberto Carlos monumento, un Cannavaro sprovveduto, un Emerson spremuto come un limone. Perché una cosa è certa: se Capello non è ET, ma è l’allenatore che ha vinto scudetti a Milano, Madrid, Roma e persino (sia pure taroccati) a Torino, allora non può recitare, oggi, la parte di chi – folgorato come San Paolo sulla via di Damasco – scopre all’improvviso, dopo un filotto di orripilanti sconfitte, che i suoi giocatori sono un branco di lazzaroni, una squadra composta da dr. Jeckyll e mr. Hyde che fino al suo arrivo non avevano dato alcun segno di devianza o di incontrollabilità.

 

Siccome anche i bambini sanno chi sono, nel bene e nel male, Beckham e Ronaldo, Cassano e Cannavaro, la domanda è: perché Capello, in estate, non ha presentato a Calderon un piano di alleggerimento dell’organico che permettesse al club di risparmiare milioni e a lui di evitare sconfitte, problemi e incazzature? Perché non ha dato il suo okay alla cessione – ad esempio – di Ronaldo, o di qualche altro campione che ora espone con tanto disprezzo al pubblico ludibrio? Se è vero – com’egli stesso ha ammesso – che Beckham è stato, al di là della resa in campo, un professionsta irreprensibile, più e più volte elogiato per l’impegno e l’attaccamento al lavoro, come si permette Capello di cancellarlo dal Real Madrid solo perché David ha dato l’annuncio del suo passaggio, a fine stagione, ai Galaxy Los Angeles, nel pieno rispetto dei tempi e dei regolamenti?

 

La verità è che Capello, a Madrid, dopo aver dato le più ampie assicurazioni che con Van Nisterlooy, Diarra, Emerson, Cannavaro e i campioni che trovava in dote, avrebbe riportato il club ai successi di un tempo, è stato completamente incapace di assemblare in modo decente una squadra piena zeppa di campioni per gran parte scelti e voluti da lui, ed è stato un uomo completamente incapace di stabilire uno straccio di rapporto umano con un gruppo di ragazzi viziati, magari, ma pur sempre professionisti. Se non andiamo errati, Ronaldo e Beckham, Salgado e Roberto Carlos, persino Robinho e Cassano, sono arrivati a Madrid ben prima di Capello: eppure, lo sfascio ambientale che oggi è sotto gli occhi di tutti è datato 2006-2007, la stagione del Capello-bis. Insomma: potremmo sbagliarci, ma l’unico vero tracollo della tormentata stagione madrilena è quello cui è andato incontro Fabio Capello. Un allenatore che ha preteso di nuotare nell’oro ma che non è stato capace, per presunzione e limiti caratteriali, di restare a galla.

Capello, adesso, ha giocato la carta della disperazione. Quando la nave affonda, lui fa l’unica cosa che è veramente capace di fare: butta a mare gli altri.

(Paolo Ziliani)